E’ ormai consuetudine, fra persone
use all’arte della cinofilia, parlare di metodi, tecniche,
linguaggi e strumenti di comunicazione per accedere al software
del semplice amico dell’uomo, il cane.
Si dialoga attorno al metodo impositivo, al metodo gentile
o buonista, ai segnali di calma, al clicher, all’insegnamento
della positività, agli effusori di particolari aromi
eccetera eccetera.
Il metodo impositivo: sottomettere il cane per imporre il
proprio dominio.
Il metodo gentile o buonista: restringere l’intelligenza
del cane ad uno stimolo chiave.
Il segnale di calma: sottomettersi al volere del cane.
Il cliker: condizionare la buona azione del cane ad un suono.
L’insegnamento della positività: condizionare
la volontà del cane ad eseguire solo ciò che
è ritenuto giusto.
L’effusore: riportare la tranquillità nel cane
attraverso l’emanazione odorosa dell’ormone
mammario.
Ma cosa vuol dire effettivamente comunicare con il cane?
Come si può convivere con un animale dai modi tanto
semplici e trasparenti quanto intriganti?
Le varie metodologie racchiudono in loro
stesse, la naturale legge del branco e l’artificiosa
elucubrazione umana, entrambe fondamentali per la sopravvivenza
su questo pianeta. Parlano infatti di dominanza (per non essere
schiacciati), parlano di sottomissione (per evitare il confronto
e lo scontro), parlano di condizionamento (per raggirare l’atto
di dominanza e sottomissione, o per rendere possibile l’interazione
con chi non è del tutto efficiente e autonomo), parlano
di psicologia (come ritrovare la fiducia in se stessi tramite
una particolare essenza profumata).
Tutte prendono spunti qua e là da nozioni di etologia
che vengono poi elaborati in modo tale da poter essere recepiti
dal popolo degli uomini. Questi a loro volta e a tempo debito,
ne usufruiranno a seconda del bisogno. Può capitare
però che “le risultanti” non vengano usate
nel modo giusto e tanto meno nel momento giusto e ancor più
grave con il soggetto giusto.
Ci saranno persone che domeranno il cane ardimentoso mantenendo
verso di lui una ferrea determinazione, ma di contro ci saranno
coloro che useranno lo stesso pugno di ferro con una creaturina
che avrebbe solo bisogno di un po’ di calore e d’amore.
Ci saranno persone che accetteranno di buon grado la supremazia
del cane al quale verrà esaudito ogni desiderio affinché
possa regnare la serenità nel branco-famiglia, ma di
contro ci saranno coloro che, interpretando distrattamente
un’azione indesiderata, saranno commiserevoli o non
daranno peso all’avvertimento dell’amico di pelo
rinforzandolo sull’azione stessa e dando adito in futuro,
a problematiche comportamentali che verranno prontamente risolte
abbandonando il fino ad allora carissimo compagno. Ci saranno
persone che tramite lo studio dell’apprendimento per
condizionamento uditivo o visivo, lavoreranno con alcuni soggetti
per renderli utili alle mansioni di dame di compagnia, e ci
saranno coloro che sfrutteranno l’intelligenza del teste
per giochini e spettacolini.
Tutte le tematiche trattate nelle singole discipline dialettali
sono valide e non a seconda del soggetto che si ha di fronte.
Non è possibile generalizzare come se i cani fossero
tutti uguali. Non si può prescindere dalla razza, dalla
mole, dal bagaglio genetico, dalle esperienze di vita fatte,
dall’educazione ricevuta o non ricevuta. E assolutamente
non è giusto pensare al cane come ad un animale simile
all’uomo. Le uniche similitudini che possiedono le riconosciamo
nel fatto che siano entrambi mammiferi, entrambi animali che
hanno bisogno del branco per sopravvivere, entrambi capaci
di organizzare una società per il benessere comune,
entrambi esseri viventi e non macchine.
E ancora non è giusto prendere per il naso le persone,che
hanno il desiderio di trovare un punto di incontro con il
cane, infarcendo la loro mente di parole condite e infiocchettate.
Ci saranno personaggi che imbastiranno corsi e ricorsi di
dialettica su comportamenti, domande e risposte di atteggiamenti
vecchi come madre natura, es.: due cani che si misurano assumono,
a seconda del proprio carattere un atteggiamento impositivo
o meno verso l’avversario, nel momento cruciale, ovvero
quello della resa dei conti se uno dei due lascia il passo
all’avversario si dice che sta inviando un segnale di
calma o segnale pacificatore; fino a poco tempo fa si diceva
che il cane in questione accettava la rigidità dell’altro
e che non aveva nessuna intenzione di misurarsi seguendo una
legge saggia e naturale; in ambedue le risposte (umane) non
è il risultato a cambiare, ma la terminologia, che
bisogno c’è?…forse per un chiarimento della
questione?…di fatto non è la scoperta l’acqua
calda! Ci saranno personaggi che predicheranno un “colloquio”
senza imposizione, senza gesti e parole: aspettando il momento
in cui il cane assumerà una posizione desiderata (dal
personaggio in questione) o si comporterà in maniera
diligente, solo allora ci si rivolgerà a lui con un
segnale di positività. Ci saranno personaggi che psicanalizzeranno
il cane come farebbero con l’uomo, per creare per lui
un profumino personalizzato che lo riporti alla serenità.
Un essere vivente, uomo o cane che sia, se
educato nel rispetto e nella serenità non è
possibile che abbia bisogno di un profumino per tornare alle
origini, mi sa tanto di droghetta legalizzata, se un animale
vive nel rispetto non ha bisogno del biscottino per ubbidire,
se la persona che sceglie di completare la propria famiglia
con un cane non crea in lui stati confusionali come la de-naturalizzazione
della (di lui) psiche a somiglianza della razza umana, ossia
cerca di trasformarlo in un vero ometto con tutto quel che
ne consegue, non ci sarà bisogno di uno psicologo comportamentale
per riequilibrare le menti. Se si tenesse sempre a mente la
legge del branco: l’unione fa la forza, il rispetto
per gli altri, la stima di noi stessi, vivere in semplicità
per mantenere la sanità mentale, non ci sarebbe bisogno
dei venditori di fumo.
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