Ecco un altro comportamento
prettamente legato alla specie animale ‘homo
sapiens’ e largamente, scientemente, libidinosamente
appiccicato alla specie animale ‘canis
familiaris’.
Per ossessione si intende un pensiero che assilla
in maniera tormentosa la mente, generalmente
legato ad un fatto realmente accaduto, vissuto
in prima persona o di riflesso, che ha provocato,
e continua a provocare nel tempo, una serie
di meditazioni-preoccupazioni maniacali di risposta.
È una sensazione di paura che invade
la persona, e fa riferimento a se stessa o è
ridirezionata verso il prossimo; paura di sbagliare
e con lo sbaglio creare un problema a se stesso
o a qualcun altro; paura di ammalarsi e con
la malattia creare un problema a se stesso e
a qualcun altro; paura di essere la causa di
un incidente e con l’incidente creare
un problema a se stesso e a qualcun altro; ecc.;
ma anche: paura dei propri pensieri, paura delle
responsabilità, paura degli stati emotivi
provocati dall’ansia che li invade quando
sono preda delle loro ossessioni…
Per compulsione invece, si intende, un rituale
di comportamento atto a scacciare l’idea
fissa che provoca disagio. Non è altro
che l’azione attraverso la quale, ciò
che provoca ossessione può essere minimizzato
se non addirittura eliminato (quanto meno in
quell’istante!). Ma sono azioni meticolosamente
(paranoicamente!) studiate, che possono essere
messe in atto, anche in assenza di ossessione.
Esempio: se una persona ha timore delle contaminazioni,
l’unica soluzione, secondo lei, per evitare
che questo possa avvenire, è lavarsi,
perciò, ogni qualvolta le verrà
in mente la sua ossessione, sentirà il
bisogno di pulirsi, e potrà ripetere
quest’azione anche nel caso in cui non
ci sarà stato il presupposto per l’ipotetico
contagio.
La terapia consigliata per il superamento di
tali paure è: guardare in faccia il problema
e affrontarlo. Nell’esempio sopra citato,
la terapia potrebbe essere: prendere in mano
un oggetto e tenerlo qualche istante (i soldi
possono essere un buon elemento, visto che sono
‘articoli’ maneggiati da molte persone),
il fatto che non accadrà nulla può
iniziare a soddisfare lo stato ansiogeno che
precedentemente è stato provocato.
Il segreto per una buona riuscita della terapia
consiste nell’escogitare assieme al paziente
un piano di lavoro.
Tutto questo come possiamo
pensare che un cane sia capace di viverlo?
Spesso, i soliti, cari, vecchi
‘azzecca-garbugli’, sviscerano dall’inseparabile
manuale di comportamento, l’azzeccata
parola magica volta ad abbagliare e soddisfare
l’uditore (eh si!... anche in questo settore,
le persone ascoltano e accettano solo quel che,
la loro logica e capacità di valutazione,
gli consiglia di accettare), così attribuiscono
atteggiamenti e rituali di una specie animale
complessa come ‘l’homo sapiens’,
al meno evoluto amico ‘canis familiaris’.
Solo perché il povero cane , da molto
tempo ormai, vive a stretto contatto con l’uomo,
non vuol dire che ne abbia assorbito pregi e
difetti. È vero che il cane è
un acutissimo osservatore, e che non gli è
difficile addizionare comportamento = effetto
desiderato, ma da qui a poter dire che è
in grado di concepire ed elaborare le complesse
paranoie dell’uomo, ce ne passa.
Non si può e non si deve dire che, un
cane vizioso nel montare tutto ciò che
gli capita a tiro, animato e non, è affetto
da comportamento ossessivo-compulsivo, e che
per curarlo abbisogna di una lunga cura di terapia
educativa comportamentale. La persona con cui
vive abbisogna di cure terapeutiche educative
e non il cagnetto, che non fa altro che ciò
che gli è permesso di fare.
L’animaletto in questione è solo
un povero esserino stressato dalla famiglia
cui appartiene, che non riesce a mantenere,
con un atteggiamento diverso, il ruolo di capo-branco
impostogli di sostenere; così, visto
che in un branco naturale, il leader è
l’unico soggetto a cui è permesso
l’accoppiamento vero e proprio e che lo
stesso rituale viene usato per mostrare il proprio
dominio sull’individuo a cui è
rivolto, lui, a prescindere dalla motivazione
per la quale è stato chiamato in atto
un simile atteggiamento, lo fa. Se i suoi coinquilini
umani, gli spiegassero che: non è lui
a portare il cibo a casa, non è lui a
provvedere per tutto il clan, nel cercare un
riparo in caso di intemperie, non è lui
a curare l’uomo in caso di malattie, non
è lui a comprare una tana adeguata a
soddisfare le esigenze della famiglia,ecc. ecc.
ecc… lui cambierebbe il suo atteggiamento
ridimensionando le sue mansioni a semplice gregario.
Questo non è che un piccolissimo esempio
riguardante un problematica diffusissima nel
mondo canino.
Domandina ai dottorini in questione:
visto che di psiche umana mostrate di saperne
molto, o quanto basta, perché non vi
mettete a fare quel tipo di lavoro e non lasciate
in pace i cani?... se non avete il coraggio
di dire ai proprietari: ‘signori avete
sbagliato tutto con l’educazione del vostro
cane, non è lui ad avere problemi comportamentali,
ma voi’, mi sembra un motivo più
che valido per cambiare mestiere.