La duttilità non è altro
che la predisposizione ad apprendere, disponendo il nostro
volere a capire, e semmai ad accettare, la qual cosa ci
si presenta davanti.
Se ci troviamo di fronte ad un problema, è vero
che a seconda della nostra sensibilità e della
nostra sicurezza, siamo in grado di decidere se affrontarlo
o fuggirlo, ma se il problema desta in noi una certa curiosità,
tale da farci superare una mancanza di fiducia nella situazione,
ecco che essa ci dà la spinta ponendo in primo
piano la decisione ad agire e capire o a rifiutare.
La motivazione è forse l’elemento
più importante per spronare un individuo a muoversi
in una direzione più che in un’altra, e se
in aggiunta a ciò, un altro individuo, del quale
egli ha rispetto e in un lui ripone la sua fiducia, lo
invita ad affrontare la situazione sconosciuta, ecco che
la duttilità prende in mano le redini dell’azione,
permettendo a chi si pone in atto di capire e accettare.
Obbligare un individuo a compiere determinate
azioni con il solo convincimento dell’imposizione,
non gli permetterà di crescere, e l’assoggettamento
alla situazione o al volere dell’altro che ne deriverà,
non sarà di rispetto e conoscenza, ma di passività,
e può essere mostrato sia in forma attiva che in
forma passiva; identica reazione si avrà, se lo
stesso personaggio verrà invogliato a rispondere
ad una richiesta, tramite il condizionamento dello stimolo
semplice. Per stimolo semplice s’intende la particolarità
che influisce sull’attenzione condizionandone l’opera.
La motivazione giusta per stimolare e
permettere la crescita del soggetto con il quale si sta
avendo il dialogo, deve sempre essere quella idoneamente
giusta in riferimento al fine a cui si vuole arrivare,
e il fine non deve mai essere una forzatura sulle capacità
del soggetto stesso.
Età e soggettività fanno
la differenza comunicativa, così come la fa, l’intelligenza
della proposta.
Se ciò che viene richiesto, sia questo un atto
di socialità, sia un’azione a se, sia l’apprendimento
di una nuova esperienza, non viene valutato dal discepolo
come utile e con scopo vitale, egli non si piegherà
all’insegnamento, rifiutando categoricamente di
capire e apprendere.
Da non confondere la motivazione con lo stimolo che,
anche se possono apparire l’uno il sinonimo dell’altro,
nella realtà non lo sono, in quanto la motivazione
è collegata a colui che insegna, lo stimolo è
a se stante; cioè non perde di ‘’potere’’,
se così si può dire, nel momento in cui
la figura insegnante cambia, mentre lo perde seduta stante
, se cambiando, è la motivazione ad essere il filo
conduttore.
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Interessante seguire la discussione nel
settore etologia sulle ''qualità naturali'' e sul
post ''duttilità e docilità'' sul Forum:
http://www.pastoretedescoforum.it
nel Forum se cercate la parola duttilità
appaiono diverse pagine interessanti, anche nel settore
del Cane Lupo di Saarloos, nel post ''atteggiamenti particolari''
ci sono alcuni tratti del nostro amatissimo Cane Lupo.