Quanti di voi si sono
detti: mbè, perché non far fare una cucciolata
alla mia cagnolina?, oppure: come mi piacerebbe potermi tenere
un cucciolo della mia cagnolina!
In tanti, ne sono sicura, magari anche invogliati da alcune
leggende metropolitane che vogliono più esposte a potenziali
tumori le cagnoline che non fanno cuccioli, oppure semplicemente
seguendo una sorta di istinto rediretto alla procreazione,
oppure pensando anche di poter diventare allevatori voi stessi,
in fondo tutti gli allevatori hanno iniziato da semplici privati,
e perché no?
Personalmente ritengo che ognuno sia libero
di fare quello che meglio crede, ma solo se è cosciente
e consapevole di quello che si accinge a fare, così
colgo l’occasione per raccontarvi quello che mi è
successo e fornirvi un ulteriore spunto di riflessione. Meditate
gente, meditate, diceva una pubblicità di qualche anno
fa, e poi se vi sentite realmente pronti ad affrontare quello
che la natura vi propone, mbè andate avanti e buona
fortuna, perché ce ne vuole sempre tanta.
La mia dolce metà ha un allevamento
di hovawart dal 2003, anno della sua prima cucciolata di questa
razza. Lo vedo studiare e studio con lui, ci informiamo, parliamo,
studiamo ancora e riflettiamo tra di noi sulle scelte da operare,
insomma posso dire che il 90% del nostro tempo lo usiamo per
parlare di hovawart, carattere, accoppiamenti, malattie ereditarie,
addestramento e chi più ne ha più ne metta.
Effettivamente siamo un po’ strani,
ma è la vita che ci piace e che abbiamo scelto di fare
insieme. Le nostre bambine fanno nascere i cuccioli nella
nostra camera da letto e poi lì restano fin quando
non è ora di portarli a conoscere il mondo esterno,
ma anche allora dormiamo a turno e siamo tutto il tempo con
loro.
Prevengo subito la critica, non sto raccontando
questo per farvi sapere che siamo “bravi e impegnati”,
non siamo di certo i soli allevatori che si comportano così
con i loro cuccioli, né sto cercando di spiegarvi quanta
dedizione e tempo usiamo per stare attenti ai cuccioli che
noi abbiamo scelto di far venire al mondo, ma la realtà
dei fatti è che non li lasciamo mai soli, con loro
c’è sempre uno di noi e le cose sono sempre andate
bene, per fortuna. Finora.
Questi ultimi cuccioli sono nati quasi quasi
all’ultimo giorno ed erano grossi, il parto è
stato lungo e la nostra bambina non riusciva ad avere la forza
di spingerli fuori, così dopo qualche ora di sforzi,
le abbiamo preparato una cuccia accogliente nella macchina,
abbiamo coperto e messo al caldo nella loro cesta i quattro
cucciolini già nati, abbiamo caricato tutti su, ed
io dietro con loro, per correre dalle nostre veterinarie già
allertate che ci aspettavano in studio. Arriviamo, ne fanno
nasce un altro, ma la mamma è troppo affaticata, così
decidiamo per il cesareo, dall’ecografia si vede che
ci sono ancora cuccioli vivi.
È un giorno di festa, pasqua per l’esattezza,
sono le dieci di sera e in clinica siamo solo noi quattro,
così ci siamo ritrovati per le mani i cuccioli nati
col cesareo da rianimare ed asciugare.
Ho in mano questo cucciolo che sembra svenuto,
friziona forte Elisabetta non ti fermare, devi farlo respirare,
puliscigli la bocca e il nasino, soffiaci dentro, friziona
Elisabetta non ti fermare, friziona Stefano non ti fermare.
Il tempo sembra interminabile, ma ad un certo punto il cucciolo
vagisce e prende tono muscolare, è vivo, è nato
nelle nostre mani e così anche i suoi altri fratellini.
Torniamo a casa con dieci cuccioli e una mamma sfinita e semi
addormentata. Li mettiamo tutti nella cassa parto ed iniziano
le ore scandite dalle poppate, tra l’una e l’altra
a turno dormicchiamo, i cuccioli sono al calduccio, nella
stanza c’è odore di latte e biscotti e cose calde,
i cuccioli mugugnano soddisfatti.
Passano quattro giorni, sono le undici di
sera e iniziamo a dargli la poppata integrativa, uno strilla
forte senza fermarsi e non mangia, si calma, vado a dormire,
ma alle tre Stefano mi chiama, ha ripreso a strillare più
forte di prima, restiamo entrambi a vedere l’evoluzione
della cosa, pensiamo ad ipotermia, ad un ingorgo gastrointestinale,
lo diamo alla mamma perché se ne prenda cura, lei lo
lecca un po’ poi smette, ha un’aria strana, passano
i minuti e siamo all’altra poppata, il piccolo è
moscio moscio, sembra quasi svenuto, se non fosse che respira
male e piange, piange ininterrottamente dalla sera prima,
provo a rianimarlo, anche Stefano prova a vedere se reagisce
e proviamo a farlo mangiare, ha un singulto e vomita sangue.
Urlo. Piano piano i gemiti si fanno sempre più deboli
e una macchia di sangue si allarga sull’asciugamano
che ovatta la scatola dove lo abbiamo messo, separato dagli
altri, non ho occhi che per lui, lo accarezzo lentamente in
modo ipnotico.
La mamma non lo guarda più.
Arriva il mattino mi alzo e prendo la scatola
seguita dallo sguardo insondabile di Anouk e vado dalle veterinarie
che mi aspettano. Arrivo da loro che il cucciolo è
ancora vivo, sembra abbia un’emorragia interna, è
stato probabilmente schiacciato, lo dobbiamo sopprimere. Chiedo
che il corpo sia inviato all’istituto di zooprofilassi
per i dovuti accertamenti. Torno a casa con il cuore sotto
le scarpe, ma com’è possibile? Siamo sempre lì!
Ma quando è successo? Una disattenzione che fatichiamo
ad accettare, figuriamo a perdonarci.
Sono passate 24 ore e siamo di nuovo alla
poppata della sera, ho il cuore pesante prendo su un cucciolo
ed ecco di nuovo quella mollezza, quell’innaturale abbandono,
quel respiro affaticato, ho i sensi all’erta, capisco
subito, ci guardiamo con Stefano, ma allora l’altro
non è stato schiacciato!
Dio dei cani, se esisti, proteggili! È
chiaramente una infezione!
Ho in braccio il primo cucciolo ed ecco che
ne vediamo un altro con la stessa sintomatologia, prendo in
braccio anche lui, poi a distanza di poco un terzo, che finisce
anche lui tra le mie braccia. Resto così per l’intera
notte, ora dopo ora, con il sangue dei cuccioli che lentamente
m’inzuppa i vestiti.
Guardo gli altri con il terrore di vederne uno che respira
male, ma i piccoli dormono beatamente tra le braccia calde
del sonno.
Restiamo muti tutta la notte, ognuno chiuso
nella sua testa, cerchiamo freneticamente una spiegazione
a quello che sta succedendo, la più probabile? Herpes
virus, se è così li perdiamo tutti!
Nella notte mi chiedo più volte come
fare a farli soffrire di meno, ma non ho risposte eticamente
valide dal mio punto di vista, rimpiango amaramente di non
essere una veterinaria. Stavolta è Stefano ad andare
con il triste carico che ancora geme ed anche per loro chiediamo
l’invio all’istituto di zooprofilassi, ora tanto
di più!, ora vogliamo sapere!
Un dolore sordo accompagna i nostri giorni, l’ansia,
non chiudiamo occhio, guardiamo i cuccioli rimasti come se
li potessimo avvolgere in una sorta di aura protettiva con
il solo potere dello sguardo.
Passa il tempo ed i bambini vengono dichiarati
ufficialmente fuori pericolo, d’altra parte crescono
e con loro crescono anche le difese immunitarie. Oggi sono
dei cuccioli felici, allegri che ci hanno lenito il dolore.
Ora sono anche arrivati i risultati degli
esami: stafilococcus canis, la versione propriamente canina
dello stafilococco. Forse se a far l’autopsia ci fosse
stato il dr. House, magari ne avremmo saputo di più,
ma questi sono i telefilm americani. D’altronde la fissazione
di salvare tutti a tutti i costi è una fissazione solo
umana, la natura non la vede così, la natura fa selezione.
Di dieci cuccioli, quattro erano deboli e sono morti, sei
erano forti e sono sopravvissuti, si sono guadagnati il diritto
alla vita.
Anouk mi ha guardato andare con le scatoline
che contenevano i cuccioli e mi ha visto tornare senza, lei
sapeva, con l’infallibile coscienza delle cose che hanno
i cani, lei sapeva, nei giorni successivi li ha cercati, ne
sentiva l’odore, c’erano, non c’erano. Poi
col passare del tempo l’odore se n’è andato
e con lui quella ricerca coatta, quel giro ossessivo, sempre
lo stesso, che faceva nel giardino dei cuccioli ogni volta
che usciva. Non voglio umanizzare i comportamenti, dettati
principalmente da altalenanti ritmi ormonali postparto e riconoscimento
degli odori, ma il non trovare la corrispondenza fisica di
quegli odori l’addolorava, poi abbiamo iniziato la nostra
routine di allattamento notturno, un po’ di lavoro per
entrambe al centro della notte, che nella sua monotona ripetitività
ci ha confortato. Mi ha confortato.
Noi esseri umani ci siamo evoluti in modo
tale che non siamo capaci di accettare semplicemente le decisioni
della natura, Anouk da cane saggio sapeva.
Elisabetta Rombolà
Articolo scritto da Elisabetta Rombolà
(allevamento Mare d'inverno)
per la rivista "Notizie" dell'Hovawart Club Italia
Luglio 2010.
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