Evitamento dell'evento fobogeno (tratto dal libro ''Similitudini fra Cani e Lupi'' di Barbara Tullio e Paolo Caldora)

 

Rinforzo dell’evitamento


‘’Rinforzo dell’evitamento dell’evento fobogeno con comunicazione ansiogena, legato all’anticipazione emozionale dei proprietari, legata a diverse rappresentazioni mentali rispetto al Cane’’


Una frase buttata là, apparsa come il fulmine a ciel sereno.
Leggo e rileggo per dare una giusta interpretazione al significato delle parole.
Provo a spostare le virgole per vedere se la frase cambia il suo senso oppure rimane un enigma/indovinello pari a quello delle piramidi.
Dopo prove, prove e riprove, cercando di assimilare ogni singola definizione arrivo al punto di rottura e allora, chiudo il quaderno dove sto prendendo appunti e vado a farmi un caffè.

Mentre la moka prepara il suo infuso, cerco su internet parole chiave che possano indicarmi un sentierino che mi porti almeno su una viuzza secondaria dalla quale arrivare poi sulla via maestra.

Inutile dire che digitando l’intera frase sui motori di ricerca, anche l’impalpabile etere si rifiuta di collaborare, però qualche indirizzo me lo lascia inviandomi accenni di: fobie, posizioni fobiche, evitamento fobogeno, ansie, stati ansiogeni, disturbo dell’essere, abusi, anomalie comportamentali con indirizzo compulsivo … psichiatria pura insomma!

Non mi resta che analizzare le singole questioni e cercare di assemblarle.

Per prima cosa accetto (terminologia a parte) questa versione della frase:

- Il Cane mostra ansietà in circostanze che sono diventate per lui fobiche. Per evitare questo stato d’ansietà, abbisogna di un qualcosa, riconosciuto come rinforzo dell’evitamento, dovuto/legato ad uno stato emozionale anticipato dai proprietari, i quali hanno differenti visioni mentali rispetto a quelle del Cane.

E cioè:

- I proprietari avendo differente visione delle raffigurazioni mentali di un Cane, ossia sono capaci di un discernimento logico e adeguato, trasmettono uno stato emozionale che funge da rinforzo per evitare di affrontare o di vivere un evento fobico che crea nel Cane un’espressività ansiosa.

E quindi:

- Con l’aiuto dei proprietari, il Cane può uscire da uno stato deficitario.

Normale dedurre che i proprietari debbano essere all’altezza della situazione e non esserne la causa, e in più, che l‘analisi della causa sia identificata in giusta maniera.

Cominciamo con il dare corpo alle definizioni.

Rinforzo: tutto ciò che in maniera positiva o negativa conferma l’esattezza o l’erroneità di un’azione, e sprona a ripeterla o meno a seconda se questa è giusta o sbagliata.
Evitamento: tutto ciò che porta a sottrarsi ad una realtà che si rifiuta.
Evento fobogeno: situazione che crea uno stato emotivo allarmante.
Comunicazione ansiogena: esternazione di uno stato d’angoscia sospeso fra desiderio e apprensione (frustrazione)
Anticipazione emozionale: avvisaglia pulsionale (segnale spinto da impulsività passionale)

Evitamento dell’evento fobogeno – in Psicoanalisi, rientra nel quadro delle Nevrosi, ed è la trasposizione di un timore irrazionale, verso qualcosa o qualcuno; spesso è associato a sensazione di ripugnanza e totale avversione. L’identificazione di tale comportamento conflittuale porta ad una realtà fobogena pur non essendo presente lo stimolo che genera la fobia.
Mi spiego meglio: ho un problema che mi disturba a tal punto, che la mia mente trasfigura la realtà del problema, identificandolo in un disagio che vivo assistendo dall’esterno, oppure, lo associo ad un’altra persona, la quale, in questo modo vive al mio posto, il mio problema; ossia, se io provo avversione per una situazione o un oggetto o un Animale, fingendo di non vedere o di non essere presente (ignorare), la situazione, l’oggetto, l’Animale non mi creeranno problemi; se trasferirò i miei disagi su un’altra persona, sarà l’altra persona a provarli in quella stessa situazione, verso quell’oggetto o quell’Animale, ed io non sarò altro che uno spettatore che assiste alla scena e comprende compassionevolmente o in maniera adirata o sconcertata quel tipo di spiacevole sensazione, ma non sarà mia.
In questo modo, pur essendo platealmente presente la causa scatenante, ma non realmente presente visto che io l’ho identificata in un altro essere che vive in mia vece quel tipo di disagio, l’attenzione sull’evento fobogeno sarà distratta; ciò sarà per me sufficiente per rivivere solo un ricordo che, nella mia realtà, non mi appartiene più, e sarà vivo solo perché quella persona è lì davanti me o nel pensiero del momento. Eliminata dalla vista la persona, il problema non esisterà più perché non è più mio.
Il voler evitare un evento fobogeno può portarmi anche a: trasporre sempre il problema che ho, su un’altra persona, ma in più, se avessi un problema con una persona in particolare, potrei trasporlo su di essa, e a quel punto sarei anche giustificato, qualora non riuscissi nell’intento di trasferire in toto il problema su lei, a mantenerlo vivo in me, perché non sarebbe altro che una risposta legittima al problema che lei mostra nei miei confronti.
Esempio: se io provo sentimenti negativi e avversione verso una particolare persona, trasferendo in lei il mio conflitto, non sarò più io a vivere quei dissapori, ma lei; sarà lei a provarli nei miei confronti; se fosse odio la mia negatività, non sarei io odiare lei ma lei ad odiare me. A questo punto se io provassi ancora odio per lei, il mio sentimento sarebbe giustificato, in quanto sarebbe una risposta ad un sentimento avverso che la tal persona prova nei miei confronti.

Si identifica spesso questa seconda forma di squilibrio nelle sindromi infantili: complesso di Edipo e complesso di Elettra.

Analizzando la prima parte della frase, possiamo adesso dire che:
per non vivere il disagio della situazione fobica, dobbiamo ignorare/evitare l’evento.
Bene!
Come fa un Cane a evitare l’evento se non è in grado di fare tutto il ragionamento appena spiegato, che io c’ho messo esattamente 8 ore di orologio per concepirlo nel modo in cui l’ho scritto?!
Senza dimenticare poi, che il disagio nella fase iniziale, cioè quando ancora non è stato fatto il lavoro di concetto di evitazione, non viene mostrato in maniera elementarmente stressante, ma con atteggiamenti ansiogeni … un Cane?! … (consiglio ancora una volta di leggere ‘’ansia o stress’’ e ‘’la frustrazione’’).

Procediamo con l’analisi.

Anticipazione emozionale – Uno stato emotivo che segnala una situazione disagevole.
La situazione disagevole diviene causa di anticipazione emozionale allorquando l’elemento scatenante diventa fobico.
La fobia è una paura esagerata che si manifesta al momento dell’evento o di qualcosa che ricorda l’evento negativo.
Si usa classificare la fobia in : fobia semplice quando è direttamente indirizzata su un qualcosa di facilmente individuabile, solitamente è riferita ad un elemento singolo; fobia generalizzata quando è indirizzata verso più elementi, difficili da individuare poiché spesso non collegati fra loro o poco connessi.
Più diventa esagerata la risposta fobica, più si presenterà nel Cane un’anticipazione dello stato emotivo disagevole.
Educatori e comportamentalisti, usano aggiungere a questo punto del discorso una frase d’ordinanza: i Cani mostrano in tale occasione ‘’forme ansiose permanenti’’.

Quindi se ammettiamo che una fobia generalizzata possa portare un Cane ad anticipare uno stato emozionale negativo, ammettiamo anche che non è in grado di trasferire i suoi problemi su altri personaggi perché non riesce neanche ad affrontarli, e se non riesce ad affrontarli, ancora meno riuscirà a catturarli e trasferirli; viene da se che solo in presenza dei vari stimoli, il disagio è presente, in assenza di essi, no. Da ciò, come possiamo pensare che un Cane possa mettere in pratica ‘’l’evitamento dell’evento fobogeno’’ se solamente la presenza degli stimoli reali e non trasposti, creano il problema con conseguente anticipazione emozionale?... come fa un proprietario a rinforzare l’evitamento quando il Cane non è capace di produrlo? … che si parli forse dell’insegnamento – al Cane – da parte del leader (Papà o Mamma o Balia) ad ignorare il problema? … insegnare cioè ad evitare per non avere ricadute di febbre, e a non affrontare per curare la malattia? … a fuggire anziché guarire? … tralasciando l’insegnamento della codardia, dell’uomo o dell’Animale, visto che di questo si tratta poiché è vero che la fuga esiste in Natura davanti a pericoli che mettono in evidenza l’incolumità dell’essere, ma qui stiamo parlando di paure di: un temporale, una scala, una persona, più persone ecc … non di spunti di importanza vitale! … e comunque sia, perché allora nel discorso non si parla direttamente di insegnare al Cane che la tal cosa, la tal situazione, la tal persona non costituiscono di fatto un problema (cosa del tutto normale dato che stiamo parlando di insegnamenti ad un Animaletto che sarà un eterno infante e senza una guida superiore può non farcela a sopravvivere)? … perché andare ad inventare squilibri psichici propri delle nevrosi sapiens, per dire ‘’insegna al tuo Cane ad affrontare i disagi della Vita, così come avviene in Natura’’?

Oh!!! Ma… può essere che l’anticipazione emozionale a cui probabilmente si fa riferimento non è del Cane, bensì del proprietario del Cane che, avendo delle conoscenze mentali diverse da quelle del Cane, più evolute, più capaci, è in grado di rinforzare l’evitamento dell’evento fobogeno mostrando un atteggiamento benevolo (forse!) nella situazione ‘’x’’, che indurrebbe il Cane a pensare ‘’ ma guarda lui come se la ride in questa situazione, lui si diverte mentre io sto patendo le pene dell’inferno … oh ma forse non devo aver paura?’’

Sempre tenendo a mente che ‘’l’evitamento dell’evento fobogeno è un squilibrio comportamentale non del Cane e di nessuna altra specie animale al di fuori dell’Homo Sapiens Sapiens, perché non dire semplicemente: il Cane ha un problema alla vista di ‘’…’’?
Ok, fagli capire che non deve aver paura, e che se vede le cose da un lato più roseo, le cose non appariranno più tanto grigie!

Tutto questo discorso se ho capito bene quello che il Dottore proprietario della frase iniziale, voleva dire!

Come curare questo ipotetico stato nevrotico?
Se ragioniamo sul fatto, ormai accertato che ‘’la trasposizione di un timore irrazionale’’, riconosciuto in ‘’evitamento dell’evento fobogeno’’ non fa parte della linea di pensiero di un Cane, le cose da fare per curare tale disagio sono quelle comuni, ossia, far abituare gradualmente la bestiola al problema, usare dei rimarchi motivanti per aiutarsi e arrivare con pazienza alla fine del lavoro. Nulla di più nulla di meno di quel che il buon senso induce a fare.
I Dottori del mestiere, anche nella spiegazione delle usanze da tenere, amano usare una nomenclatura complicata e accalappiante come: desensibilizzazione, contro-condizionamento, immersione controllata, uso del tutor. In parole povere, quello che è stato detto poc’anzi e il lavoro che potete ammirare nella vicenda di Gastone.
Perché usare tanti paroloni allora? … non saprei! … forse per far vedere che si è dottori in materia. Credo fermamente che uno Shaun Ellis, dottore in niente, sappia interagire con un soggetto da riabilitare, ugualmente se non meglio, di tanti personaggi in cerca di autore, non fosse altro perché parla la stessa lingua del Cane.

Cosa evitare assolutamente per non aggravare o creare un problema fobogeno?
La primissima cosa che viene sconsigliata da chi è del mestiere, è quella di evitare accuratamente l’anticipazione emozionale dell’evitamento dell’evento fobogeno. TILT! Mettetevi d’accordo!

Ecco un esempio: mai raccogliere il Cane piccolo da terra quando sta per essere aggredito, questo comportamento è prevenuto sempre da uno stato d’ansia del proprietario per cui l’effetto causato sul Cane è di timore verso i con specifici, timore che con il tempo può divenire fobico .
Bene, allora facciamoglielo mangiare il nostro piccoletto al Cane che vuole aggredirlo, e chiediamogli pure se lo vuole condito, cotto o se così com’è può andar bene … almeno si aspetti di togliere il guinzaglietto, possiamo poi servirlo come filo interdentale!
Battute a parte, possiamo anche trasmettere disagio al piccolo, ma se agissimo altrimenti forse egli non vivrebbe abbastanza per poter anche solo accennare il suo disagio!... il problema è che manca il controllo sui Cani, controllo inteso come disciplina, buona creanza, saper stare al mondo, rispetto per il prossimo … si si sto parlando di Cani, Cani che non hanno un indirizzo se non quello di ‘’vedersela da soli’’ (ricordate l’articolo ‘’lasciateli litigare?’’), per cui è normale, è più che dovuto che il Cane piccolo venga raccolto da terra e tenuto fortemente in protezione fra le braccia quando esiste la minaccia di una zuffa (basta un morso o addirittura una zampata per spegnere la scintilla della vita in un cagnino di pochi chili). Il prendere in braccio è uguale al prendere in bocca (ricordate il significato di ‘’in bocca al Lupo’’?). Diamo in questo modo, tutta la nostra protezione a rischio della nostra incolumità!

Ancora un esempio: mai cercare di rassicurare il Cane che mostra uno stato fobico, con parole dolci e carezze, perché questo porta sicuramente ad una conferma dello stato di pericolo e ad un rinforzo del comportamento sconveniente.
Rispondo: ‘’certo, le cure parentali sono da definire fonte di squilibrio! … i Lupi in Natura, vivono un ordine sociale squilibrato proprio perché si attardano nelle cure di rinsaldo.’’

VIDEO CURE PARENTALI

Ora la mia domanda è questa:
accertato che problematiche proprie della nostra specie, non possono appartenere al mondo animale che è posto sotto di noi per evoluzione biologica e di pensiero, perché si continuano ad accoppiare patologie e nevrosi ai nostri Amici Animali pur non appartenendogli?
Se una diagnosi non è esatta, la cura non può essere diretta, se la cura non può essere diretta, la guarigione non può avvenire.
Esistono varie tipologie di antibiotici che hanno funzioni a volte similari, a volte lontane mille miglia; non possiamo usare un antibiotico specifico per le infezioni della bocca se dobbiamo curare, chessò, la dermatite! … e non dobbiamo associare un colpo di tosse ad una infiammazione della gola, quando può essere dovuto ad un problema polmonare o ad una infezione delle vie respiratorie; è vero che un colpo di tosse è un colpo di tosse, ma la causa scatenante l’effetto può essere diversa, e diversa deve essere la cura. Così come non possiamo dire che il paziente è affetto da sindrome di Cenerentola se quel paziente invece mostra solo una versione similare di un comportamento che ben si accosta alla sindrome individuata ma che poi in realtà non è.

Il Cane non sa neanche dove sta di casa ‘’l’evitamento dell’evento fobogeno’’ per non parlare delle ‘’manifestazioni ansiogene’’; come si può improntare uno studio sull’argomento, con tanto di cavilli curativi e consigli tecnici che debbono andare a risolvere il problema, quando il problema non solo non è quello individuato, ma non è neanche insito nella capacità mentale dell’essere a cui si è diagnosticato?

Quando parliamo di Cani, quando parliamo con i Cani, sarà solo la semplicità del dialogo a permettere la linearità di intesa: pensa semplice e capirai il tuo Cane.
(frase che appare per la prima volta, nel libro ‘’Negli Occhi del Cane’’)

 

 

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