Animali: da Pet Therapy a Psicoanalisi

 

La Pet Therapy, non è solo lavoro con i disabili ... E' la mansione che hanno tutti gli Animali che collaborano e/o vivono in maniera sociale con l'uomo ... Frustrazione fallimento ansia da prestazione abbandono ... Riversare la psicopatologia su altri, meglio se non parlano e non capiscono cosa diciamo...professionisti - ascoltatori - mestieranti da canalizzazione psichica - clienti da vomito psichico - cavie

Queste sono le frasi che si sono affollate nella mia mente quando non molto tempo fa ho sentito da una persona la parola fallimento riferita ad un'azione che non è stata portata a termine come si era sperato. Probabilmente una sopravvalutazione di sé non ha dato la possibilità alla persona di essere logica nella scelta della direzione da prendere, e il non essere riuscita nell’intento, l'ha condotta verso uno stato depressivo dato da: il senso di colpa, il fallimento.
Per combattere un simile stato se la persona possiede un certo carattere cerca di rimediare in maniera altruistica, ossia il suo impegno è volto a operare nel bene del prossimo (azione forse dettata anche da bontà d’animo della persona stessa, ma spesso operante per scontare inconsciamente la colpa che le appartiene); se invece il carattere non la sostiene piú di tanto, ecco che fugge dalla situazione e redime se stessa, accusando altri di averla costretta a prendere la decisione, l’impegno, che di fatto poi non è riuscita ad assolvere; oppure proietta su altri le sue azioni.

Tale comportamento dicasi:
Evitamento dell’evento fobogeno – in Psicoanalisi, rientra nel quadro delle Nevrosi, ed è la trasposizione di un timore irrazionale o di sentimento proprio o di un’azione compiuta in maniera non edificante, verso qualcosa o qualcuno; spesso è associato a sensazione di ripugnanza e totale avversione. L’identificazione di tale comportamento conflittuale porta ad una realtà fobogena pur non essendo presente lo stimolo che genera la fobia.
Mi spiego meglio: ho un problema che mi disturba a tal punto, che la mia mente trasfigura la realtà del problema, identificandolo in un disagio che vivo assistendo dall’esterno, oppure, lo associo ad un’altra persona, la quale, in questo modo vive al mio posto, il mio problema; per cui, se io provo avversione per una situazione o un oggetto o un Animale, fingendo di non vedere o di non essere presente (ignorare), la situazione, l’oggetto, l’Animale, questi non mi creeranno problemi; e se trasferirò poi i miei disagi su un’altra persona, sarà l’altra persona a provarli in quella stessa situazione, verso quell’oggetto o quell’Animale, ed io non sarò altro che uno spettatore che assiste alla scena e comprende compassionevolmente o in maniera adirata o sconcertata quel tipo di spiacevole sensazione, ma non sarà mia.
In questo modo, pur essendo platealmente presente la causa scatenante, ma non realmente presente visto che io l’ho trasbordata in un altro essere che vive in mia vece quel tipo di disagio, l’attenzione sull’evento fobogeno sarà distratta; ciò sarà per me sufficiente per rivivere solo un ricordo che, nella realtà, non mi appartiene più, (nella mia realtà), e sarà vivo solo perché quella persona è lì davanti me o nel pensiero del momento. Eliminata dalla vista la persona, il problema non esisterà più perché non è più mio.
Il voler evitare un evento fobogeno può portarmi oltre che a trasporre il problema che ho su un’altra persona vivendo da spettatore, anche a trasferire su ‘’altri personaggi’’ problemi che ho visto con questi ‘’altri’’: se avessi un problema con una persona in particolare, trasponendolo su di essa non sarei più io ad avere il problema con lei, ma lei con me. A quel punto sarei anche giustificato, qualora non riuscissi in toto a trasferire il problema su lei, a mantenerlo vivo in me, perché non sarebbe altro che una risposta legittima al problema che lei mostra nei miei confronti.
Esempio: se io provo sentimenti negativi e avversione verso una particolare persona, trasferendo in lei il mio conflitto, non sarò più io a vivere quei dissapori, ma lei; sarà lei a provarli nei miei confronti; se fosse odio la mia negatività, non sarei io odiare lei ma lei ad odiare me. A questo punto se io provassi ancora odio per lei, il mio sentimento sarebbe giustificato, in quanto sarebbe una risposta ad un sentimento avverso che quella persona prova nei miei confronti. Pag 306 del libro ‘’Similitudini fra Cani e Lupi – Illuminanti Riflessioni’’ di Barbara Tullio e Paolo Caldora

Pur sembrando un discorso fuori tema, dovete concentrare la vostra attenzione sulla capacità di trasferire un’azione compiuta, un sentimento provato, un disagio vissuto da voi, SU ALTRI, per liberare la vostra coscienza e poter così affrontare, allontanare, giudicare, accusare o sostenere chi sta vivendo quel disagio da voi rifratto.
Nel mondo degli Animali che con noi conducono la propria vita, sta accadendo proprio questo: che la nostra psiche sia disturbata da molti fattori esterni a noi, è provato da anni; che le vicissitudini della storia, del passato di chi ci vive accanto, o del passato della nostra civiltà, prepongano la nostra capacità di ragionamento e di lucidità psichica condizionandoci più di quanto vorremmo, è fatto del quotidiano.
Il problema è riuscire a reagire, è riuscire a non soccombere, è riuscire a rimanere scottati quel tanto che basta che può indurci a trarne un insegnamento, e non ci assorba invece nella totale psicosi ansiogena.

Guardando il nostro Animaletto, non sappiamo riconoscere il significato di due occhi grandi, di una palpebra abbassata, di un musino lungo, di un atteggiamento remissivo, infantile, festoso, aggressivo, indifferente, ecc., se non guardandolo con i nostri occhi e con il nostro stato d’animo del momento o della nostra idoneità di comportamento ‘’esclusivamente umana’’!
Ciò porta a leggere in loro quello che vogliamo leggere e che sappiamo leggere, per cui, quando qualcuno ci porta ad aprire bene gli occhi sui veri significati, spesso non accettiamo la sua verità e, naufraghi nell’oceano delle psicosi, continuiamo ad approdare a isolotti e grandi porti fino a che non giungiamo da chi ci dice quello che vogliamo sentirci dire, credendo finalmente di essere arrivati alla terra promessa!

Praticamente, se noi analizzassimo le nostre psicosi in maniera scientifica e analizzassimo il comportamento degli Animali in maniera analitica nella coscienza di un Animale che non è uguale a noi, sapremmo vedere che i suoi atteggiamenti non possono essere identificati con i nostri, perché sennò saprebbero far di conto e guiderebbero le auto, chatterebbero su facebook e si vedrebbero con gli amici al pub invece che al parchetto; il loro gioco preferito non sarebbe rincorrere la pallina e non si pulirebbero leccandosi, ma, entrando in bagno userebbero tutti gli accessori dovuti.
Questo però vorrebbe dire che, riconoscendo la loro diversità, le nostre nevrosi non potremmo affibbiarle a loro.

C’è chi ci aiuta in questo e ci fa vedere cose che vogliamo vedere!

Dire che il Cane vive l’ansia, l’angoscia, la gelosia, la frustrazione, la depressione, il fallimento, il senso di colpa ecc. (concetti ormai sulla bocca di tutti), gratifica l’uomo che vede nell’Animale se stesso, e in lui i suoi stessi problemi; però, essendo nell’Animale ciò che vede, riesce ad estraniarsi, dal suo fatto personale, vivendolo dall’esterno, oppure alla meno peggio, si sente meno solo nel suo problema perché ‘’mal comune mezzo gaudio’’. Condividere una problematica, fantasticare su essa e sul rimedio per porvi un punto, non affrontando la causa che la determina perché il Cane non ha vissuto la stessa nostra esperienza che ha portato ad avere una simile psicosi, giustifica l’assunzione per lui, del rimedio o del trattamento mentale terapico, che cura l’effetto lasciando latente la causa (effetto visivo nella realtà umana, totalmente differente da quello reale canino poiché generato - se realmente esistesse mai - da causa differente da quella umana - concezioni mentali diverse e capacità sociali diverse -. Diversa la causa diverso il comportamento per affrontare ciò che ha portato a quel determinato effetto, effetto forse fornito di qualche sfumatura facilmente confondibile da chi non guarda se non con occhi umani).
Dire il mio Cane è affetto da psicosi ‘’x’’, non colpevolizza il proprietario che il più delle volte è sovrastato da quella stessa psicosi e da tante altre.
Dire non sono in grado capire il mio Cane e cercare aiuto in persone che parlano come me, colpevolizza all’inizio ma poi sgrava la pesantezza della colpa perché difatti il Cane è affetto da ‘’…’’ , oppure é impazzito o non sopporta il peso della situazione, o ancora è fallato all’origine.
Ammettere di non capire, e capire che nessuno di quelli che parlano di Animali diversi dall’uomo, dice i fatti visti in un’ottica diversa per logica diversità di specie, è un’altra cosa ancora.
Ma questo comporta il mettersi in discussione totale e accettare la diversità dall’onnipotenza dell’uomo, nel senso che tutto ruota attorno a lui e tutto è fatto a sua immagine e somiglianza.
Le diversità esistono se ci fa comodo, e non esistono per lo stesso motivo, sommato il tutto al non obbligo di informarsi sulle talune eventuali diversità.

È per questo che hanno attecchito tutte le teorie che vogliono le patologie psichiche umane come appartenenti agli Animali che vivono a stretto contatto con l’uomo e da lui, dicono, hanno appreso ‘’usi e costumi’’ (non riesco a capire come) … peccato che il cervello del Cane sia diverso da quello dell’uomo, e così pure la sua capacità di elaborare.

Potrei definire questa situazione come puro scarico di responsabilità o semplicemente come valutazione umana.

Gli Animali da terapisti a portatori di handicap psichici.

 

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