Da molto tempo sto pensando: perché
le competizioni con gli animali?
Gareggiare vuol dire mettersi in competizione?…
si. Ma contro chi?… contro altri personaggi che
hanno voglia di misurarsi. Lo scopo della gara è
vincere?… si. Ma vincere su chi?… sui personaggi
di cui sopra. Allora la competizione è fra i
personaggi?… si. E gli animali che c’entrano?…
esistono competizioni che prevedono un binomio formato
da un uomo e un animale. Ma lo spirito agonistico è
da parte dell’uomo non dell’animale?…
si. Quindi al cavallo “tale” o al cane “quale”,
importata un fico di partecipare alla gara?… mh!?
La passione che trascina in uno sport e matura nella
voglia di competere, la capisco se è fra individui
che sono mossi dallo stesso interesse; il gusto di vincere
fra e su questi stessi lo capisco; ma se uno dei componenti
la squadra è un animale, no.
Non capisco il duro allenamento nei campi
di lavoro per il gusto di vincere una gara (parliamo sempre
di sedute con gli animali).
Capisco il duro lavoro da parte dell’uomo per cercare
di comprendere le espressioni del compagno animale per
il piacere di comunicare con lui.
Non capisco l’esasperazione nel ricercare la perfezione
in un passaggio “x”, a discapito della resistenza
fisica e mentale del compagno animale, per il gusto di
guadagnare: un centesimo di sec. o un quarto di punto.
Capisco l’insegnamento di alcune figure, ostacoli,
sequenze, esercizi in generale, per il piacere di fare
qualcosa con il compagno animale.
Non capisco il volersi realizzare sfruttando le doti di
un altro individuo.
Capisco il desiderio di voler essere giudicati, sul proprio
operato, da chi ne sa di più.
Avendo assistito solo a gare cinofile,
posso parlare solo di queste: ho visto cani uscire dal
trasportino e cominciare a girare in tondo in maniera
frenetica e scaricare in un morso la tensione, o abbaiare
ferocemente all’aria, e stolti personaggi bearsi
di riuscire a mantenere in loro alto l’interesse;
ho visto cani camminare accanto ai conduttori con le orecchie
basse e la coda fra le zampe con appena la puntina che
accennava un minimo segno di vita, e stolti giudici paccherare
quei conduttori per come tenevano in pugno i propri cani.
Ho visto cani gioire accanto ai compagni umani, brillare
nelle esecuzioni degli esercizi, e l’umana incompetenza
biasimare quei binomi perché peccanti in perfezione.
Mi piacerebbe che esistessero degli esami
per passare o meno di categoria, senza l’obbligo
della competizione. Mi piacerebbe che l’avversario
da battere, fosse il nostro limite di capacità
di imparare e di insegnare. Mi piacerebbe che fosse rispettato
il limite di apprendimento e di resistenza del compagno
animale. Mi piacerebbe che nelle competizioni venisse
giudicato il lavoro svolto facendo molta attenzione all’equilibrio
del binomio, all’affiatamento, agli atteggiamenti
dell’animale. Mi piacerebbe che alla vista di un
animale stressato dal lavoro, venisse severamente punito
il suo compagno umano.
Mi piacerebbe che le manifestazioni “tutte”,
fossero occasioni di scambio di esperienze e cultura.
Mi piacerebbe che nei campionati “tutti”,
fossero premiate le tecniche e le risultanti di esse;
che risultasse quindi vincitrice la scuola di pensiero
e non il singolo.
Mi piacerebbe!